Cat: News - Domenica 27 Gennaio 2019
Comprare un'azione Acquistare una quota di proprietà e quindi di capitale di una società per azioni significa comprare un'azione. L' azion...
Cat.: News - Venerdì 07 Dicembre 2018
Cat.: News - Venerdì 30 Agosto 2019
Da diversi anni in Europa ma anche in America, in questa era definita “digitale” diversi gruppi della grande distribuzione sono sbarcati nei servizi finanziari offrendo prodotti squisitamente bancari.
L’ idea dunque di un incrocio tra aziende che si occupano della clientela retail e istituti di credito tradizionali a livello operativo e concettuale è tutt’ altro che nuova. Il fenomeno ha assunto proporzioni mai viste prima.
Nella Fintech ( parola che deriva da Fin= finanza Tech= tecnologia) non operano solo piccole start up ma abbiamo visto in Asia e in America muoversi in questo ambito dei colossi dei grandi gruppi di internet. D’ Altronde per chi a in mano un portafoglio di centinaia di milioni se non miliardi , di utenti-clienti, la tentazione di entrare a piene mani in un comparto dall’ altissimo valore aggiunto sono molto forti.
Il pagamento elettronico è oramai utilizzabile via telefono anche in moltissimi negozi fisici. I margini del sistema di pagamento però sono molto bassi, tanto che lo scopo di ingresso in questi settori ha più a che fare con ragioni di big data che con l’ obiettivo di fare soldi in sé per sé. Intendo dire che, per un gigante dei media e della pubblicità su internet e per i colossi dei beni di consumo ,avere a disposizione un’ enorme serie di dati sulle abitudini di acquisto dei propri clienti rappresenta un asset potenzialmente enorme. E’ dunque ragionevole pensare che in futuro i colossi di internet possano uscire dai servizi di base e conglomerare dei servizi finanziari. Ma sarà così efficace per il consumatore?
Mano a mano che i clienti diventano sempre più avvezzi all’ esperienza digitale offerta da Aziende come Google, Amazone, Facebook e Apple si aspettano anche lo stesso livello di esperienza di servizio con i propri fornitori di strumenti finanziari. La Fintech sta cavalcando l’ onda di questi cambiamenti con soluzioni che possono affrontare in maniera più adeguata i bisogni degli investitori, offrendo una maggiore accessibilità, una più elevata convenienza e prodotti su misura. Incorporando diverse fonti di dati, sono infatti in gado di formare una visione più olistica dei clienti per anticipare e soddisfare al meglio i loro bisogni. Rimangono però arenati contro i limiti legislativi che hanno impedito ai vari Walmart ma anche alle Coop di allargarsi oltre un certo livello nell’ ambito della finanza.
In realtà pensare che la tradizionale consulenza possa venire spazzata via da nuovi palyer è un rischio più teorico che pratico. Prevedibilmente riusciranno solo ad offrire un’advisor e una gamma di prodotti standardizzata, generata da potenti computer, che pur efficentissimi, non sono certamente in grado di cogliere e percepire, differentemente dal consulente finanziario in carne ed ossa, le preferenze e i timori, magari accennati dalla clientela. Il consulente del futuro potrebbe servirsi dell’ immensa mole di dati e di capacità analitica per creare soluzioni personalizzate in tempi rapidi e costi ridotti, di grande qualità.
Concludendo si intravedono più ombre che luci sul rapporto digitale-finanziario; leggere le sensazioni, emozioni e cogliere le necessità “reali” del cliente sarà una sfida con cui nessuno schermo potrà competere.
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