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Cat.: News - Venerdì 30 Agosto 2019
Il sistema finanziario è minato nella zona euro dai tassi negativi. Le principale banche centrali dall’inizio dell’anno, (come la Banca centrale europea e la Federal Reserve), hanno dirottato le loro politiche monetarie in modalità espansiva allontanandosi dalle linee moderatamente restrittive seguite fino a poco tempo fa. La Fed infatti ha provveduto al primo taglio dei tassi dal 2008, percorso iniziato nel 2015 con la normalizzazione dei tassi attraverso costanti e graduali rialzi dei saggi di interesse Usa. Dall’altra parte troviamo la Bce che dichiara di essere pronta a sostenere l’inflazione e l’economia della zona euro agendo, se necessario, con un taglio ulteriore dei tassi anche se questi siano già negativi.
Esistono vantaggi e svantaggi in riferimento ai tassi minimi: i benefici li abbiamo sia per i piccoli debitori ( artigiani, famiglie, liberi professionisti, commercianti) sia per quelli più grandi grandi (Stati, aziende) in quanto hanno la possibilità di onorare le rate o di rinegoziare il debito residuo a tassi più convenienti. Dall’altra parte i tassi negativi o bassi, fanno scaturire aspetti non desiderati con grandi ripercussioni sull’economia reale. Per esempio le banche europee sulle riserve eccedenti di liquidità devono pagare alla Bce lo zero, quattro%, con un risvolto negativo sul loro margine di interesse. Mostrano segnali di affaticamento i tassi di crescita economici dei paesi sviluppati, mentre l’inflazione fatica a raggiungere i target fissati dalle banche centrali. Qui bisogna ricordare che i conflitti fra Pechino e Washington hanno prodotto uno stato di incertezza molto profondo nelle aziende, sospendendo o rallentando gli investimenti in attesi di risvolti più chiari e trasparenti. Senza l'aiuto delle banche centrali, nonostante i tassi di interesse siano ai minimi storici, l’economia non riesce a rimettersi in moto in maniera sostenibile.
Profondamente cambiato rispetto al passato è l’attuale contesto: oggi attraverso la lega dei mercati finanziari, la composizione del Pil non dipende più dal settore manifatturiero ma da quello finanziario. Se i tassi sono ai minimi storici di riflesso rallentano le prospettive di crescita dell’economia. Un altro aspetto ricondotto ai tassi negativi che diventa un freno per l’economia, è che una parte dei consumi tendono a diminuire proprio per effetto dei minori rendimenti ricavabili dal patrimonio. Purtroppo non è l’unica nota negativa, ma il patrimonio risparmiato negli anni con sacrifici rischia di perdere valore nel tempo in funzione dell’inflazione e dei tassi negativi, dando vita ad una minore ricchezza disponibile.
E’ bene ricordare l’esempio di questo Stato, il Giappone appunto. Negli anni novanta, per primo, ha sperimentato la politica monetaria dei tassi zero, ma quali conseguenze ha avuto questa strategia sull’economia del paese? A distanza di quasi 30 anni, il sistema assicurativo e bancario nipponico ha accusato un consolidamento e una profonda ristrutturazione. Proprio in riferimento a questo episodio storico e di quello che è successo nel corso degli ultimi anni con il varo del Quantitative easing nella zone euro è giusto domandarsi quali conseguenze possano portare queste politiche sull’economia reale nel medio lungo termine in maniera da riconoscerne pregi e difetti.
Siamo circondati da nuovi fenomeni che rivoluzionano le tipiche dinamiche del ciclo economico. Dalla tecnologia, all’invecchiamento della popolazione, ai cambiamenti climatici della de-globalizzazione, sono in atto delle secolari tendenze che riescono a scombussolare le aspettative sulla crescita e sull’inflazione, rendendo, da parte delle banche centrali, complicata l’attività di sostegno all’economia.
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