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Il TFR, trattamento di fine rapporto o meglio conosciuto come liquidazione è una somma accantonata dal datore di lavoro corrisposta al dipendente nel momento della cessazione del rapporto. Spesso il lavoratore dipendente ha identificato il TFR come un salvadanaio al quale attingere per l’acquisto di una casa o altre importanti occasioni come ad esempio i costi per sostenere un matrimonio o l’arrivo di figli. Introdotto nel 1982 è stato sempre visto con gli occhi di questa gestione, appunto alla realtà degli anni ottanta e dunque non più paragonabile a quella realtà che viviamo nei giorni nostri. E’ fondamentale pertanto capire in che modo e con quali modalità dobbiamo gestire il nostro Trattamento di fine rapporto. I fogli che saranno presentati al lavoratore dipendente al momento dell’assunzione, saranno due il TFR1 e il TFR2, a seconda dell’anno di entrata nel lavoro e sarà possibile attraverso la scelta di uno di essi destinare in uno o nell’altro il Trattamento di Fine Rapporto. Le opzioni sono due: o lo si mantiene in azienda ( o in gestione separata INPS se sono presenti più di 50 dipendenti) oppure inserirlo in un fondo pensione.
Tantissimi italiani decidono di mantenere il proprio TFR in azienda, certamente anche in base alla poca conoscenza in merito alle alternative previste per legge. Proviamo ad immaginare per un momento che dopo un periodo di crisi,l' azienda per la quale lavoriamo, sia costretta a chiudere e di conoseguenza licenziarci. In questo caso oltre ad aver perso lo stipendio ed il lavoro avremmo detto addio anche al nostro Trattamento di Fine Rapporto, o meglio, nella migliore delle ipotesi potrebbe esserci restituito con tempi sicuramente non veloci. Da questo esempio risulta molto chiaro il rischio collegato alla scelta di mantenere il TFR in azienda e che bisognerebbe evitare di concentrare le proprie fonti di entrata e previdenziali in un unico canale. E’ necessario trovare soluzioni differenti al fine di tutelare la nostra stabilità finanziaria.
La possibilità di costruire un salvadanaio previdenziale, ossia affiancare alla pensione pubblica una una propria pensione privata, ci viene offerta dallo strumento del fondo pensione e ha lo scopo di mantenere inalterato il proprio tenore di vita. Svincolarsi dalle sorti aziendali è l’altra grande opportunità che questo strumento ci mette a disposizione, mettendo in sicurezza la gestione. Se scendiamo nel dettaglio è poi possibile scegliere la linea di gestione più appropriata a seconda del proprio profilo.
Il TFR prima di essere erogato subisce una tassazione, alla cessazione del rapporto di lavoro sia per pensionamento che per licenziamento. E di quanto viene tassato? L’aliquota applicata è la media IRPEF con riferimento agli ultimi 5 anni di lavoro, che va da un minimo di 23% ad un massimo del 43%.
Proviamo a fare un pratico esempio:
ipotizziamo che nella mia vita lavorativa io abbia accantonato 100 mila euro di TFR e che la mia aliquota media sia del 30%. In questo caso il trattamento di Fine rapporto che mi verrà restituito sarà di 70 mila euro al netto delle tasse. Nel caso in cui invece avessi inserito il mio TFR in un fondso pensione, l’aliquota oscillerebbe tra il 15% e il 9% applicata al capitale finale, a seconda del numero di anni di iscrizione al fondo ( in modo particolare dopo il 15esimo anno la tassazione del 15% si riduce dello 0,30% ogni anno successivo fina ad arrivare al 9). Se dunque ipotizziamo di dover sottostare all’aliquota massima del quindici %, alle stesse condizioni dell’esempio di prima, mi verrebbero erogati 85mila euro, dunque quindicimila euro in più. Il vantaggio è evidente rispetto a desinare il TFR fuori dall’azienda o dalla gestione separata INPS. Quello che resta da fare è scegliere in base alle proprie esigenze il fondo pensione più adatte a noi.
Come sempre il mio consiglio è quello di affidarsi ad un consulente preparato che possa affiancarvi anche i questo delicato tema, appunto il Trattamento di Fine Rapporto. A presto con il prossimo articolo.
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